Raccontare l’adozione

Esiste il momento giusto per iniziare a raccontare l’adozione? Questa è la domanda su cui ogni tanto torno a riflettere. Io credo che parlare a nostro figlio della sua storia con una breve favola e ogni tanto aggiungere qualche dettaglio sia importante per lui e per noi, per nutrire il legame che ci unisce sin dai primi giorni del nostro innamoramento.

Nascita e adozione si annodano e si stringono, diventando un tutt’uno.

Tutti i bambini per nascere e crescere sani e felici hanno bisogno del seme che dà la vita, dei particolari che li rendono unici e di una famiglia che si prenda cura di loro, proprio come l’albero, per vivere bene ha bisogno del seme, delle radici, del tronco, della chioma, dell’acqua e del sole.

Questa frase è tratta dal racconto “C’è sempre un nido per me. L’adozione raccontata ai bambini”, di De Camillis, Zaccariello e Costa. E’ uno dei libri sull’adozione che ho scelto per raccogliere nuovi spunti di riflessione.
libri sull'adozione

Un racconto breve con illustrazioni semplici e colorate che comincia a narrare la storia adottiva sin da quell’abbraccio che ha dato inizio alla vita del bambino. Quell’abbraccio che fa pensare anche al papà di nascita, spesso messo da parte anche se protagonista.

Come raccontare l’adozione?

Ci sono dei passaggi di questo libro che mi hanno colpito molto e che vi propongo.

La piccola vita sta al caldo in un posto sicuro. Ha bisogno di tempo per crescere.      

Il grembo materno dentro cui mio figlio è cresciuto, quello da cui è nato. Quella pancia che lo ha confuso all’inizio. Sì, all’inizio pensava fosse la mia. Ora sa che è nato dalla pancia di un’altra mamma, la mamma che lo ha fatto nascere, donandogli la vita.

Spesso, capita che corra a darmi un bacio sulla pancia e che mi guardi, sorridendo, rimanendo in silenzio. Uno sguardo che ci unisce, come quel cordone lo univa a quel grembo. In quello sguardo ci riconosciamo come madre e figlio, così come nel legame che cresce e si rafforza giorno per giorno.

La donna lascia al bambino in dono qualcosa di sé: il colore della pelle, degli occhi, dei capelli.

I doni che la mamma di nascita ha lasciato a nostro figlio sono importanti e vorrei già li cogliesse perché fanno parte delle sue radici, senza le quali non si può crescere in armonia con sé stessi. A piccoli passi, crescendo, vorrei ne riconosca il valore.

Le autrici del libro al termine del racconto parlano ai genitori di come raccontare al bambino la nascita e l’adozione e usano la metafora dell’albero. Sottolineano che la pianta per vivere deve rimanere unita alle sue radici, quindi i genitori adottivi accogliendo il bambino, accolgono la sua storia. Presentano un piccolo vademecum con delle riflessioni per accompagnare mamma e papà durante la lettura del racconto al proprio bambino.

Deve essere data loro l’opportunità di parlarne, di riannodare il filo della loro esistenza, per stabilire una continuità tra passato e presente.

Credo che i bambini, anche se piccoli, comprendano e gradualmente diventino consapevoli della loro storia. Non credevo mio figlio potesse cominciare così presto con le domande, eppure mi ha chiesto il nome della mamma che lo fatto nascere. Gli ho risposto: “non lo sappiamo”.  Dopo qualche giorno mi ha chiesto se potevamo darle noi un nome, gli ho risposto:”Ha già un nome ma non lo conosciamo”. Allora gli ho detto che se lui fosse stato d’accordo potevamo chiamarla “mamma di nascita”. Ha detto di sì.

Quando sono così piccoli, credo che i bambini assorbano tutto, proprio tutto, quello che gli raccontiamo. Ecco perché, anche usando la fiaba, ci atteniamo ai fatti reali.

Ci vorranno un po’ di anni prima che inizi a riannodare quel filo. Ci saranno tante domande, forse. Purtroppo ad alcune potremmo rispondere solo dicendo “non lo sappiamo”. Credo siano importanti anche queste risposte.

Continueremo a nutrire la pianta con amore e cura, affinché si tenga ben salda al terreno dove affondano le sue radici. Quelle radici che desideriamo impari a conoscere, a piccoli passi, rispettandolo nella sua crescita.

Il libro di cui vi ho parlato suggerisce molte riflessioni e sono un’occasione per fermarsi a pensare su quanto sia fondamentale raccontare l’adozione. Tu cosa ne pensi?

 

 

 

9 pensieri su “Raccontare l’adozione

  1. Bellissimo post, come sempre. La mia più grande paura è che Non riuscirò mai a colmare questo grande buco nero di non informazioni. Noi non sappiamo nulla delle sue origini… Hai avuto anche tu questa paura ?

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    • Grazie di cuore! Non ti nego che un po’ di paura c’è sempre e che m’interrogo molto sulla cosa giusta da fare e da dire. Credo che le parole siano preziose e scegliere quelle giuste nella narrazione della storia sia una grande responsabilità. Paura di non poter colmare quel buco d’informazioni? Credo nella forza del dialogo e laddove quella mancanza d’informazioni e le nostre risposte “non lo sappiamo” pesassero in qualche modo suo suo cuore, troveremo il modo, insieme, di affrontare quei momenti.

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    • Anche io h questa paura… adesso è piccolo è tutto bello per lui… ma credo quando inizia a crescere e capire non.so come reagirà…. spero che resti sempre come è adesso con noi pur sapendo la sua storia

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  2. Grazie di cuore. Grazie e ancora grazie.
    Io e mio marito raccontiamo a nostro figlio del’adozione, orgogliosi del percorso che tutti stiamo facendo.
    La più grande fatica, per ora, è sentirsi dare dei cattivi genitori dall’assistente sociale e psicologa, in quanto, secondo loro, noi non dovremmo raccontare nulla della sua nascita a nostro figlio.
    Ancora oggi, dopo leggi e fiumi di letteratura in merito, gli operatori fanno e dicono questo ai genitori.
    Ti ringrazio ancora per questo articolo. Continueremo su questa strada ancora più solidi.

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    • Ciao Silvia, mi dispiace leggere che non siate supportati in questo tipo di scelta. Io credo molto nella narrazione e credo che, essendo l’adozione una “condizione esistenziale” e non un problema da superare, sia necessario dialogare con i nostri figli e parlar loro, a misura d’età ovviamente, della loro storia. Sono venuti al mondo e hanno vissuto un pezzetto di vita, perché dovremmo cancellare il loro passato?Non sono una professionista dell’adozione ma credo che parlarne in modo naturale e spontaneo garantisca loro la libertà di chiedere, fare domande e riflessioni quando lo desiderano. I nostri figli così sanno che ci siamo e che se ne può parlare. Poi, per noi mamme e papà, il confronto con altri genitori adottivi credo sia importante. Voi frequentate qualche associazione che si occupa di post adozione?

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  3. Ciao Sara. Ti ringrazio per aver deciso di offrire spazio di dialogo ai genitori adottivi. Quanti dubbi e paure ci assillano… Mio figlio ha compiuto da poco 5 anni ma ancora non mi fa domande. Ma già alla materna gli spunti non mancano essendo circondati da mamme in attesa e compagnetti che ti chiedono “e il tuo pancione quando cresce?. Avendo raccontato a lui che siamo andati a prenderlo in ospedale quando era piccolissimo deve aver parlato con il suo amichetto il quale ora chiede alla mamma quando andranno a prendere un fratellino!!! E il fratello maggiore che risponde: Ma mica si prendono al supermecato i bambini!! Insomma, che gran confusione. Mio figlio sa che è nato da un’altra mamma che lo ha tenuto nella pancia e questa cosa lo fa soffrire. Infatti ama giocare a stare sulla mia pancia la notte sul lettone. Allora ho pensato a fare un gioco “curativo per entrambi” e gli ho proposto di giocare a fare finta che stà dentro la mia pancia al calduccio e non è ancora nato. Ne è stato felicissimo e devo dire che ha confortato anche me per quella parte che non ho potuto vivere con lui. Anche i vostri figli hanno questa difficoltà? E dal punto di vista delle informazioni da dare ai compagni di scuola coma vi state regolando? Noi abbiamo deciso di limitarci a poche persone che ci sembrano in gamba per ora. Non lo abbiamo mai nascosto ma ora ci rendiamo conto che non tutte le persone, anche senza cattiveria, sono dotate di abbastanza sensibilità da saper gestire con delicatezza questo argomento.

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    • Ciao Elena,
      scusa se ti rispondo solo ora. Mio figlio è più piccolo del tuo, ma anche lui da quando abbiamo cominciato a raccontargli la sua storia (misurata con la sua età) cerca la mia pancia per darmi dei bacini. Dobbiamo ancora iniziare a muovere i primi passi nella realtà scolastica, ma credo sia molto importante parlare con le maestre dell’asilo, o della scuola negli anni successivi, per creare un buon dialogo e magari per parlare agli altri bambini dell’adozione. Le maestre potrebbero trovare il modo giusto per parlare a tutti i bambini di “queste pance” che magari confondono un po’. Ci sono tanti strumenti in-formativi per gli insegnanti, che facilitano e aiutano i bambini a comprendere meglio.

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